Lapis and Notes



Lapis and Notes


Post Scriptum:

Welcome.
(To the Jungle).

"Gli svedesi hanno capito quello che la Scavolini ancora no. Ovvero. Che la gente comune ha 40 mt quadri per farci stare un letto, una cucina e un water. E ha sempre sognato la penisola. Poi si è ridimensionata, nel momento in cui ha realizzato un fatto.
Che i sogni si pagano al metro quadro".







venerdì 21 ottobre 2011

La Ciclicità (che ammazza).

Insiemi eterogenei di riflessioni sparse e notevolmente approssimative.
Alla Carlona, cioè.
Quei riempitivi che ci metti quando non sai cosa scrivere, insomma.

(Ma non è il bello dei blog poter scrivere tutto e di più, senza rispettare nessuna tempistica, nessuno schema, nessun tipo di regola stilistica, grammaticale, ortografica, lessicale? Nessun prima, nessun dopo, nessuno svolgimento? Sì, questo è il bello.)


A.
Com'è che gli amori più belli, alle volte, sono quelli impossibili da vivere?
Quelli che non trovano mai espressione, strada, direzione.
Quelli mai confessati.
Nemmeno a se stessi.

E sono così belli proprio perchè rimangono tali. Inespressi. Repressi. Mai vissuti. Mai tentati. Mai ascoltati. Possiedono la perfezione di ciò che non è viene inserito nell' ordine naturale e caduco delle cose.

B.
Non avete paura che qualcuno di importante smetta di occuparsi di voi? Che smetta di farlo, all'improvviso? Semplicemente così, senza motivo. Solo perchè si è stancato.

Ognuno ha bisogno, una mezz'oretta almeno al giorno, di qualcuno che si occupi di lui. 
Un abbraccio, un bacio, una lettera, due chiacchiere, uno sguardo, un sorriso complice, una canzone.

Ecco il motivo per cui esiste la radio: abbiamo la ovvia consapevolezza di essere in un momento di condivisione. Sappiamo che altre persone stanno ascoltando la stessa canzone, anche se all'interno delle loro vite. Delle loro case o delle loro auto. Ma proprio quella lì, in quel momento.

Ho l'impressione che la radio sappia occuparsi benissimo di noi, in certi momenti.

(Krock per esempio).

C.
Vi è mai capitato di trovarvi indifesi in un vortice mortale di: codici, cataloghi, pezzi, varianti, combinazioni, soluzioni per ogni ambiente, metrature, strutture, imballaggi?

Ecco. Credo abbia origine da qui il mio odio profondo per l' Ikea.

Anche perchè ci devi tornare. Sempre.
Hai dimenticato un pezzo, oppure ti danno quello sbagliato. Con una probabilità del 99%.



D.
Esiste una ciclicità per ogni cosa.
Esiste quella che è sinonimo di crescita, di cambiamento, di naturale scorrere delle cose.
E poi, esiste quella che ammazza.

Esempi:

Il cambio dell'armadio.
Il cambio dell'orario.
Il cambio di temperatura.
Il raffreddore.
Il sonno.
La Domenica sera, dalle ore 18.00 pm. In poi.
L'aereo del ritorno.
Il ciclo mestruale.
La fila in seggiovia.
La fila alle poste. Dal medico.
L' affitto da pagare.
La rata della macchina.

Altro esempio di ciclicità che ammazza (l'amore, o il surrogato).

F ama G. Che a sua volta ama L ma non F. F soffre perchè il suo amore non è corrisposto da G e va a consolarsi da T. Quando F e T iniziano a piacersi un po' tanto, allora è il momento in cui G torna da F dicendosi di essersi sbagliata e lascia L. L disperato va da F e gli parla (abbastanza sincero), dicendo che G è una gran stronza, ma F lo sa già. E non se la riprende. T disperata (e un po' invidiosa) va da G e le parla, dicendo che F è un gran stronzo, ma G non le crede. E insiste con F. F alla fine cede al fascino di G (essendo la sua punta iniziale, poi) e dopo un po' succede che F  lascia G e torna da T. G disperata... [ to be continued]

E' così che vanno certe faccende.
Inutile domandarsi troppi perchè. Non ci è dato sapere, nè ora nè mai.

E.
Certi sguardi non te li dimentichi. Creano un solco indelebile nella memoria visiva.
Sguardi di persone lontanissime anche, che non vedi da decenni magari.
Lo sguardo resta quello.
E lo ritrovi identico anche dopo 15 anni. Dopo 20. Dopo una vita.

E' in un qualche modo rassicurante.

F.
Quando incontro un compagno di classe delle elementari (vedi punto precedente) non posso fare a meno di notare i segni del tempo, in quanto mi viene naturale confrontare la sua immagine attuale, per me nuova, a quella di bambino, quale era, che riconosco io.

E di intuire che ci sia un rapporto direttamente proporzionale alla mia. Di immagini.

G.
Se stai troppo lì a pensarci, ti viene paura.
Vai. Vai!

Tipo quando devi fare un tuffo da un trampolino o da una roccia molto alta.
E' peggio stare in alto e guardare giù, che buttarsi. Molto peggio.

H.
Ho già raccolto un quantitativo idoneo di stronzate che mi permette di andare a dormire con la coscienza a posto. E chiudere il primo post dedicato a questa cosa qua che mi è venuta in mente stasera.

Comunque, non disperate.
[To be Continued...]

Ps. Sì, è ciclica.
E si chiama "La ciclicità (che ammazza)". Se non si era capito.
E questo è l' Atto I.

Pps.
Sempre per restare in tema di ciclicità che ammazza: racchiudo in questo insieme anche il semplice fatto di appoggiare il piede - inavvertitamente - sul prodotto fumante di uno sfintere canino.

Ai più fortunati, capita.
Spesso anche.



domenica 9 ottobre 2011

When you have to write a number that begins with a 3. Take care. Of your family, your parents, your friends, your hair, your fat, your skin (and even your crow's feet).


Sarà ma io questa cosa qui che è l' 8 Ottobre mi fa venire un po' di pensieri e qualcosa mi viene di scriverla. Ce l'ho qui pronta pronta. Qui appoggiata sul cuore.

L' 8 Ottobre di trent'anni fa succedeva che una giovane donna stava dando alla luce una figlia, una neonata settimina di 1,700 Kg, alle ore 18.30. Segno zodiacale Bilancia, ascendente Toro. Per la precisione.
L' 8 Ottobre è anche oggi, dopo trent'anni, e questa giovane donna di allora - che è poi la mia mamma - seduta al tavolo della cucina davanti ad un caffè, racconta a me - che poi sono la neonata di allora - com'è che è stato. Ecco. Io non so se ce la faccio.
Ci sono cose che non si riescono a descrivere.

Racconta di cosa facevo, cosa faceva lei, che mi teneva stretta stretta e mi faceva addormentare sulla pancia del mio papà sdraiato sul divano.  Di come dormivo all' istante, assuefatta da quel calore di genitore - che mai gli riuscirà meglio un qualche altro ruolo nella vita, ad un papà, che quello di genitore di un figlio ancora così piccolo. Assuefatta dal calore di casa, della famiglia. Dalla voce della tv in sottofondo.
Di come non c'era verso di lasciarmi troppo all' asilo, che avevo paura di essere abbandonata e passavo le mattinate a piangere. Di come non c'era verso di farmi mangiare, se non trasmettevano il programma di Raffaella Carrà, tipo di Domenica.
Di quando indicavo i fiocchi di neve fuori dalla finestra e dicevo mamma è tutto banco. Di quando li guardavo ballare, incantata. (Qui, mi ricordo che le chiedevo com'è che si fa mamma, a ballare così, come te e il papà. Lei non mi rispondeva mai. Sorrideva). Di quando credevo che il pesciolino rosso stecchito, dormisse su un fianco.

Racconta di come si sono conosciuti, lei e il mio papà, chè poi queste cose vanno sapute bene, quando si diventa grandi. Di quali compromessi, quali espedienti hanno dovuto e saputo trovare per mandare avanti la baracca, noi figli, il lavoro, la casa. Le naturali e imprevedili scommesse nel futuro, insomma. Che speri che il cielo te la mandi buona, quando non hai molti elementi di valutazione.
Di come non hanno mai dimenticato di scegliersi a vicenda, giorno dopo giorno. Fino ad oggi, fino ad ora. 
E di quella volta che ha visto il mare, a vent'anni.
Chè non c'erano i soldi, allora, per permettersi di vedere il  mare troppo spesso. Era una cosa straordinaria, il mare. Molto più di adesso, come.
Racconta di quando ero così piccola che credevo che il mondo fosse un posto dove non c'era cattiveria, guerra, e dove noi bambini avremmo potuto essere felici tutti allo stesso modo.

Oggi sono così. Spaesata.
Non mi sembrano passati trent'anni da quando mangiavo solo se c'era Raffella Carrà in televisione e indicavo con il dito i fiocchi di neve.
Invece, pare sia così. Se controllo la carta di identità.
Mi ritrovo qui a scrivere, cresciuta, con la mia ciocca di capelli bianchi (una sola!) da rigirare tra le dita.


Trenta.
E' partenza e ritorno, è oblio e consapevolezza, è maturità e potersi permettere un po' di leggerezza, forza e debolezza, è indipendenza e bisogno, vizio e virtù. E' determinazione e vaneggiamento. Certezza e dubbio. Coraggio e vigliaccheria. E' libertà e responsabilità. Solitudine e compagnia.
E' il punto esatto, spaccato, in cui gli opposti si attraggono e creano unità. Le due facce della madaglia che si rivelano contemporaneamente. Il punto esatto in cui inizi a capire chi sei.
E ci sono persone che ti aiutano quotidianamente a farlo.

Le persone che mi aiutano in questo difficile compito, che lo hanno fatto fino ad ora, oppure ieri, quando avevo 18, 12, 8 anni. Sempre. Oggi ce le ho qui, nel cuore. Oggi più che mai. Perchè voglio pensarle, voglio dedicare più attenzione a questo pensiero che solitamente fugge veloce.
Sono quelle persone che fanno - o hanno fatto - della mia vita qualcosa di unico, di magico, di preziosissimo. Che danno colore, sfumatura, energia, bellezza. Che mi aiutano a risolvere le equazioni, a capire, a ragionare. Che mi guidano e mi fanno da specchio per vedere i miei errori. Che mi tendono una mano e mi danno una pacca sulla spalla o una sberla in faccia, se necessario.
Che hanno permesso fossi quella che sono.
La mia mamma e il mio papà, mi fratello, Silvia e mio nipote. Le mie amiche di sempre, con le quali sono cresciuta, che mi hanno visto con l'apparecchio, con il grembiule di scuola, senza un dente. E si andava a rubare i trucchi al supermercato, si dormiva insieme mangiando caramelle schifose, si fumava la prima sigaretta, si prendeva la prima sbronza, si facevano le compagnie grosse grosse, guardando da sdraiati le stelle in cielo, in una sera d'estate. E se mi viene da piangere, le posso chiamare senza vergognarmi. La Benni, chè ci sono persone che ti capisci, senza troppe parole, senza troppe spiegazioni, senza fronzoli. Che lo sai. L' Anto, che è sintonia. Gli amici Vigorosi, che sono vita, senza i quali non potrei ridere così, sentirmi ancora parte di quell' immenso tutto che da sempre amo, anche se è difficile, alle volte, è difficile capirsi quando si è così tanti e così diversi. Senza i quali non si potrebbe fare quello che si fa, andare dove si va, condividere tutta quella unicità, quella perfezione dei momenti insieme. Che non ci pensi, ma hai paura che non possano più tornare, questi momenti. Schiva, che mi ricordo ancora di quando sono finita nella torta di compleanno dei miei 18 anni e mangiavamo la somarina. Micro e Gigi, perchè ci sono persone che gli vuoi bene e ti confronti e ti dicono che stai dicendo delle cazzate. E gli credi. Poi, poi gli dici la stessa cosa, ma loro ti credono meno. E gli vuoi ancora più bene. Scanta, perchè capita che incontri delle persone di un certo spessore, senza aspettartelo. Così, all'improvviso. In un angolo di una piazza. E diventano, in un qualche modo, parte della tua vita. La Paola, Cecco, perchè senza di loro sarebbe stato un grosso casino, per avermi dato due o tre dritte di quelle come si deve, qualche indicazione di base per vedere il necessario, su piani differenti.
Le persone con cui ho condiviso un pezzetto del mio cammino, della mia vita. Che hanno portato consapevolezze, rinascite, cambiamenti, ma che poi si è dovuto dire ciao, arrivederci, in culo alla balena. A cui sarà sempre riservato un monolocalino nel cuore, nonostante tutto. Che gli ho voluto un gran bene. Non ci puoi fare niente, le strade si separano, alle volte. Lasciando fare la vita, lasciando che le cose vadano come possono, come devono.
Gabri, che un capo così non mi capiterà più, con tutta probabilità. Gli anni dell' Università, che dovrebbero dirlo prima che sono così speciali. Le vecchie compagnie, che compagnie più non sono, ma che ognuno di noi ben ricorda: il Bell'Albero, le Rane, il Diamante, la Polo, l' Obelisco, Santa. Mirko Colombo, che ci sono persone che credono in quello che fanno così tanto da farlo molto, moltissimo bene e la loro passione è così radicata da poterla quasi vedere, quasi toccare.
Per quelle persone che vedo poco ma che, quando succede, l'unica cosa che mi viene di fare è un lungo e forte abbraccio. Perchè sono vere e limpide come l'acqua di montagna.


Grazie di contribuire in modo così incisivo alla bellezza del mio primo giorno nel trentennio.
Un abbraccio onnicomprensivo. Forte. Fortissimo.
Più forte che posso.



Un doveroso pensiero al fatto che avro' un indirizzo diverso sulla carta d'identità.
Un nuovo zerbino davanti ad una nuova porta.
Un nuovo letto ed un nuovo armadio. Un nuovo campanello.
Un nuovo stato di famiglia. In cui c'è solo una riga compilata. Con il mio nome.

In tutto questo tempo ho capito che, alle volte, non ci sono risposte corrette in assoluto.
Sono le domande a dover essere pertinenti.





Tipo.

[...] Com'è che funziona il lavaggio per i capi delicati?




* L'ultima immagine è una "Om" ma sembra un 30. E porta fortuna. Dicono.
E io ci credo.

giovedì 6 ottobre 2011

Anche mio nonno sarebbe stato un trattore, se avesse avuto i cingoli.

1- Pensiero numero 1
    (Anni luce lontano dalla consapevolezza)

Se solo fossimo in grado di desiderare di più. Desideri veri, però. Non surrogati. Se fossimo meno ricchi di cose materiali. Se invece dello Champagne venisse elogiato il Lambrusco. Se invece dell' Audi A8 clima uscisse un nuovo modello di Apecar. Se non fossero l'economia e il denaro a decidere le sorti delle nostre vite e delle nostre professionalità. Capacità. Passioni. Se invece del Prozac, del Cialis, del Ritalin vendessero Zigulì. Se potessimo andare in giro con le roulotte tutti giorni, a vedere com'è il mondo.

A volte ci penso, a come sarebbe. A come saremmo.
E non riesco a immaginarmelo.

Leggevo un articolo su Christiania, comunità indipendente di Copenaghen, e sono rimasta affascinata dalla loro organizzazione e dalla loro idea di Libertà. Una parola che noi conosciamo solo in parte. Una piccolissima parte.



Quale sarebbe la vostra reazione di fronte a una vita così?
Ecco. Volevo solo condividere.








2- Pensiero numero 2
   (Un Kilobyte più vicino alla consapevolezza, di quello di prima)

Quello che ho capito attraverso l'esperienza, l'età, gli scivoloni, il mal di stomaco, le gaffes, le porte in faccia, il sudore, la fatica, i fedeli Orgoglio&Ego bistrattati da chiunque a cui fosse - da me - permesso, le vesciche ai piedi per i tacchi troppo alti, l'apparecchio ai denti, le battute cattive che fanno su di te e ti è venuto cosa rispondere quattro secondi dopo, ovvero troppo tardi. Perchè non eri pronta.

Ecco, quello che ho capito da queste cose - anche con un certo ritardo - è il motivo per cui ci hanno sempre detto che l'apprendimento è più efficace facendo i collegamenti. Quella mostruosa pedanteria. Fin da quando andavamo a scuola.
E' solo con il ragionamento, il capire, il far circolare bene i neuroni del cervello in modo ordinato, che possiamo sperare di sfangarcela. E' solo facendo i collegamenti - che poi magari non c'azzeccano niente - che hai la visione d'insieme. Ci provi, ci metti del tuo. Insomma, diventi grande.
I disastri e le catastrofi, se le colleghi, danno maggiori elementi per capirne la causa scatenante.
E per valutarne le conseguenze.
Niente e nessuno puo' essere considerato in quanto tale, capito in sè e per sè. Nè tantomeno giudicato. C'è sempre un prima, un dopo, un contesto. Sono tutte cose da valutare con attenzione.

Bisogna sempre stare in guardia, muovere le cose, mettersi a provare.
Saper fare i collegamenti.

Che la vita ti prende alle spalle, altrimenti.


(Ed è meglio imparare la buona abitudine di non chinarsi troppo).