Lapis and Notes



Lapis and Notes


Post Scriptum:

Welcome.
(To the Jungle).

"Gli svedesi hanno capito quello che la Scavolini ancora no. Ovvero. Che la gente comune ha 40 mt quadri per farci stare un letto, una cucina e un water. E ha sempre sognato la penisola. Poi si è ridimensionata, nel momento in cui ha realizzato un fatto.
Che i sogni si pagano al metro quadro".







martedì 18 novembre 2014

Highway to Hell. (Take me down to the Paradise City).

Quasi niente crea così complicità come un viaggio in macchina. Se i passeggeri sono ben predisposti a, ovviamente.

E' il tempo del viaggio, oggettivo, a scandire il tempo della vicinanza fisica (forzata) e dell'eventuale scambio comunicativo - più o meno superficiale - da questa facilitato.
Il viaggio in macchina insieme permette di aprirsi, ma anche di chiudersi e dormire. O telefonare. O restare persi nei propri pensieri. O ancora, cantare.
Mi ha permesso spesso di farmi conoscere e di conoscere, di ascoltare e raccontare. Di chiedere, essere curiosa e conseguentemente anche di soddisfare le mie curiosità sul passeggero/i in questione. Favorisce l'intimità, la conoscenza reciproca. Le confidenze.
Attraverso la vicinanza forzata che non prevede disturbi esterni di sorta, senza la possibilità di deviare quel perfetto "qui e ora" che alle volte amo fare, in quel preciso istante, accade che si sviluppa un articolato quanto complesso chiedersi e rispondersi reciproco, raccontarsi come si vede la vita e quelle cose delle esperienze passate che stanno sotto la voce Cazzate Immense ma che, alla fine, rifarei. E comunque cose facenti parte di me, ergo concrete. Scelte e volute. A volte con leggerezza, a volte con serietà estreme.
In un tempo che diventa flusso e in uno spazio che diventa intangibile perchè in costante cambiamento sento la sensazione di essere al di fuori delle leggi del Mondo. Le più segrete confessioni  assumono un diverso aspetto, sembrano più leggere, eteree, impersonali. Svincolate dalla "transitorietà" dello spazio-tempo e quindi forse mai accadute.
Lo spostamento costante alleggerisce le cose raccontate disperdendole nell'etere e lasciandomi più pulita, più innocente.
Favorisce anche la conoscenza, mi sento in diritto di poter chiedere quasi tutto con talune persone. Sento che ciò che viene detto in quella macchina, in quel viaggio, resterà circoscritto proprio lì. E' un momentaneo levarmi le maschere dei ruoli della vita, essere quella che sono, farmi male, espormi, conoscere meglio, dare consigli, ascoltare, farmi provocare e provocare a mia volta.

Ho capito che quando mi interessa una persona, da un punto di vista intellettuale soprattutto, il viaggio in macchina è ciò che più avvicina alla possibilità di apertura e scambio veri, spontanei. Ci si rilassa di più, non è necessario sempre guardarsi negli occhi (per forza di cose), si può riflettere di più e le pause del discorso sono più lunghe. Si possono vedere splendidi paesaggi, tramonti, montagne e stelle. Bufere e acquazzoni.
E' essere se stessi starsene lì, seduti sul sedile.
Offre anche vanitose possibilità di farsi guardare e di farsi belli agli occhi del passeggero (se si sta guidando) nel caso fossero in atto eventuali fasi di corteggiamento.

Quindi, ecco, nel momento in cui volessi davvero conoscere qualcuno sarebbe necessario farci un viaggio in macchina.  Abbastanza lungo.
Altro che cene o aperitivi, dove il rischio di banalità e di imbarazzi è più alto. Dove dobbiamo studiare di più le mosse, le parole e le strategie. Dove i clichè abbondano e irretiscono i neuroni, c'è chiasso e distrazione continua.

Al massimo poi, chessò, un caffè e un muffin in Autogrill alle 2 di notte. 
Perfetto.







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