Sempre in merito all'argomento di memorie calcistiche c'è un altro libro molto carino.
Si intitola "Lettera a mio figlio sul calcio" ed è scritto da Darwin Pastorin, uno dei migliori giornalisti sportivi italiani (vedi le trasmissioni che conduce su Stream).
Ha lavorato due anni al Guerin Sportivo, venti a Tuttosport, è stato direttore della redazione sportiva di Tele+, successivamente di Stream TV e nel settore Sport di Sky Italia. Insomma, due o tre cosette le sa bene, ecco. Solo, c'è da accettare che tifi Juventus. (Pazienza. Facciamo un'eccezione).
Pastorin, nel libro, racconta della sua infanzia in Brasile, della giovinezza a Torino e via in giro per i campi di tutto il mondo, a raccontare il pallone, a capire dov'è che va, a raccontare com'è che si svolgono quei 90 minuti e oltre. I supplementari, il dopo partita, l'allenamento e il pre-partita del weekend successivo. Quando c'è da lottare per un'altra vittoria.
Concepito tra la fiaba e il tracciato di un possibile romanzo di formazione. Due ne sono gli epicentri: San Paolo del Brasile, dove, appunto, nasce nel 1955 (stesso giorno in cui Garrincha esordì nella nazionale verdeoro - vanto cabalistico dell'autore) e Torino, dove si trasferisce con la famiglia nel'61, giusto in tempo per assistere al tramonto della squadra di Boniperti/Charles/Sivori ed innamorarsi, paradossalmente, di una Juve al ribasso guidata da un paraguayano ascetico e insieme maniaco, Heriberto Herrera.
Pastorin racconta al figlio di campioni isolati, sconfitti o vulnerabili (che sono poi quelli con più segreti da carpire) tra cui Riva, Pelè, Maradona e Scirea, a cui dedica anche una monografia.
Una vita a descrivere come il calcio puo' diventare poesia e sublime attività umana.
Ps. da leggere con il sottofondo de La Ola (Mau Mau).
Nessun commento:
Posta un commento