Quando non avevi l' Aifon e, di conseguenza, nemmeno le apps SoundHound o Shazam, potevi rimanere decenni senza sapere di chi fosse quella canzone, quale il titolo, di quale anno, di quale album, quella canzone lì, proprio quella lì. Che passavano in quel preciso istante alla radio, che faceva così...na-nana-na-na-na-nannana. E che non sentivi da almeno tre anni.
Quando non avevi l' Aifon, rimanevi così. Come un idiota. Senza saperlo. E così rimanevi. Continuando a non saperlo. Non in quel momento e, probabilmente, mai. Rimanevi con quella strofa e quel ritornello in testa, in un vano e prolungato tentativo di riprodurlo vocalmente, o strumentalmente (sempre che tu fossi stata in grado di suonarlo, uno strumento). Invano, appunto.
Nemmeno il tuo amico malato di musica poteva aiutarti, eri troppo stonata, per non parlare del ritmo e delle parole. Ciao.
Il destino di quella maledetta canzone meravigliosa era quello semplice e determinato di tornare nell'oblio delle canzoni sconosciute, ma già ascoltate. E lì, in un qualche modo, scomparire dall'orizzonte, dalle possibilità di essere scelte con volontà, con libero arbitrio. Forse per sempre.
Fino a che.
Sei in macchina, un giorno qualunque. Magari anche in ritardo. E arriva, lei. Lei.
Proprio quella. Capita, alle volte. Capita.
E stavolta. Stavolta possiedi uno smartphone di ultima generazione con l'applicazione (magica, superlativa, rivoluzionaria) SoundHound.
Le fatiche di una vita si azzerano in meno di trenta secondi.
Un attimo di agonia. Solo un attimo.
Stai lì con il fiato sospeso e gli occhi incollati allo schermo. Per sapere. Subito. Chi è colui che sta producendo una così sublime combinazione di note. Chi è chi è chi è....eppure...è una voce che mi sembra di conoscere.
Analisi in corso.
Serenade, Steve Miller Band.
Ecco.
La fatica di una vita.
Direte...vabbè chissà che fatica. E' famosa.
E vabbè, sarà anche famosa, ma io non conoscevo il nome, nè della canzone, nè del gruppo.
Prima di SoundHound.
Portate pazienza. Quando si hanno così pochi elementi si è felici con poco.
Ero lì intenta a guardare il video Burton 2012 ai Magazzini Generali a Milano, ed eccola lì.
Stavolta non mi ha fregato. No.
Stavolta l'ho identificata e posso non aspettare altri quattro o cinque anni per ascoltarla. Cioè.
Posso decidere quando. E non è cosa da poco.
Anche se. C'è un però di tutta questa beltà che non mi convince.
Peccato una cosa.
Un certo rammarico.
La velocità con cui è possibile scaricare tutto lo scibile umano in fatto di musica.
E le quantità infinite di gigabyte di hard disk in grado di contenere tutto questo nello stesso posto, nello stesso momento, fruibili dalla stessa persona.
Tutto, subito.
E' bello, bellissimo, ultracomodo. Ma è come se si attribuisse meno valore ad un singolo brano. Come se la sua unicità si perdesse in un mare di altri brani. Come se uscisse già un po' ammaccato, non dal confronto con gli altri - che alle volte il confronto nemmeno si pone - ma dalla quantità eccessiva. Troppa musica. Subito. Tutta quella che vuoi, c'è. Anche quella che non vuoi, che non conosci. Nuova, di ieri. E del 1956. Tutta. Indiscriminatamente.
E va a finire che le ultime tre tracce di quell'album non le ascolti.
Ora.
1. Dove sta l'affezione per quella musica, quel preciso artista, quel preciso brano che, fino a un po' di tempo fa, per qualcuno, si poteva definire come viscerale? Una specie di devozione, venerazione?
2. E' ancora possibile il discernimento di ciò che davvero emoziona, ciò che davvero merita di far parte della propria personalissima e quasi unica (quasi come il dna, quasi) playlist?
3. E' possibile trovare il tempo necessario - e dico necessario, non sufficiente - per ascoltare tutte - e dico tutte - le tracce di un album in modo da sapere quali sono state scritte per il nostro momento di vita, ovvero questo esatto in cui le stiamo ascoltando? Le sappiamo riconoscere con sicurezza?
4. L'acquisto della t-shirt del gruppo musicale preferito - e deve esserci, un preferito - è di conseguenza mirata? O il guardaroba è strapieno in quanto c'è un ripiano dedicato democraticamente a tutti? Uno per Rosalino Cellamare, uno per gli Iron Maiden, uno per Michael Jackson, uno per Ornella Vanoni...e così via...?
Ecco. Queste sono cose che mi preoccupano.
Perchè non si parla di pettinare le bambole. Di noccioline. Di politica. Di cessi intasati (non so perchè mi si associano in mente le parole politica - cessi intasati). Di mangiatoie per maiali. Di dentifricio alla salvia. Di maglioni infeltriti.
Ma di musica.
E tutto diventa inevitabilmente meno opinabile.
A mio personalissimo avviso.
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